L’indagine
Il report è stato pubblicato nel maggio 2024 da ART-ER e realizzato in collaborazione con Oper.Lab, l’Osservatorio per l’Open Innovation del Dipartimento di Scienze aziendali dell’Università di Bologna, e la società di informazioni creditizie, business information e supporto decisionale Crif.
Si tratta di una fotografia delle pratiche di Open Innovation in Emilia-Romagna e si concentra sulle competenze esistenti, il livello di maturità delle imprese, l’identificazione degli intermediari e dei loro programmi per potenziare il territorio, e infine una valutazione della coesione interna del sistema territoriale.
L’indagine, iniziata quattro anni fa, ha portato a costruire un database che attualmente comprende 176 aziende, di cui circa il 70% PMI. I più rappresentati sono meccatronica e motoristica, a cui appartiene il 29,5% delle imprese: i settori dell’innovazione nei servizi, con il 22,2% e dell’agroalimentare, pari al 13,6%. La maggior parte delle imprese, nello specifico il 62%, opera come B2B, il 24,4% delle aziende come B2B2C, mentre solo L’1,9% opera come B2C.
La gestione dell’Open Innovation avviene principalmente in modo informale: più della metà del campione non ha una strategia esplicita documentata per iscritto e solo il 42,9% ha procedure formali standard. La maggior parte (74,8%) gestisce i progetti con un team composto da persone appartenenti a diverse unità, tra cui R&S, Innovation, Tech, Product&Process development, Marketing, Sales and business development. In generale le aziende dichiarano di non avere ancora un ruolo dedicato in organigramma per le attività di Open Innovation: solo il 25,2% ha un manager dell’innovazione.
Il contesto
L’Emilia-Romagna è un territorio popolato di laboratori, incubatori, startup, imprese, tecnopoli e altri luoghi dell’innovazione che offrono diverse possibilità per chi è interessato a portare avanti progetti collaborativi. In particolare, la ricerca identifica 164 intermediari attivi nella regione, appartenenti a network intra-regionali di innovazione ognuno dei quali eroga programmi di innovazione: Rete Alta Tecnologia, Rete dei Tecnopoli, Rete EmiliaRomagnaStartup e Rete in-ER.
I programmi di Open Innovation in Emilia-Romagna
L’offerta regionale di programmi di Open Innovation, mappati a febbraio 2024, registra una popolazione complessiva di 499 tra servizi e attività. Le categorie identificate sono tredici:
- Coaching (affiancamento)
- Competizione per idee e startup
- Co-Progettazione
- Incubazione Aziendale e Corporate Venturing
- Supporto per outsourcing di servizi
- Facilitazione tra Startup e Corporate
- Incubazione e Accelerazione di imprese
- Proprietà intellettuale e vendita di brevetti
- Networking
- Servizi di Ricerca e Sviluppo Interni e Tech-Scouting
- Servizi di Ricerca e Sviluppo Esterni
- Ricerca di Startup
- Studio per la costituzione ad hoc di startup o spin-off in risposta a bisogni identificati
Startup e investimenti
Si osserva, a partire dai dati disponibili a livello nazionale, un trend crescente sino al 2022 del numero di startup innovative, con un lieve decremento nel 2023. A livello nazionale il numero di startup innovative si è attestato a circa 14.000 unità, di cui 1.000 localizzate in Emilia-Romagna. Parallelamente si registra un costante incremento delle PMI innovative, che raggiungono un totale di 2.769 unità: l’Emilia-Romagna si conferma come una delle regioni più attive nel panorama nazionale per questa tipologia di imprese, raggiungendo quota 224 unità.
Gli investimenti nel capitale di rischio delle società innovative in Italia nel 2023 hanno raggiunto 1,048 miliardi di euro distribuiti su 263 operazioni: il dato riflette una netta contrazione (49,6%) rispetto all’anno precedente, dopo il record del 2022 in cui era stata raggiunta la quota di 2 miliardi di investimenti, in sintonia con quanto verificatosi anche negli altri paesi d’Europa. La contrazione del volume degli investimenti e del numero complessivo dell’operazione si registra sulla gran parte delle regioni italiane. L’Emilia-Romagna è in controtendenza, con un aumento degli investimenti che raggiungono quota 30 milioni di euro (dai 25 milioni del 2022) e degli affari che si attestano su 18 operazioni (contro le 11 del 2022). L’analisi dei flussi degli investimenti in startup innovative restituisce una fotografia dinamica, che si concentra sui movimenti negli investimenti in capitale di rischio di startup innovative. Sono state identificate 503 startup e PMI innovative (su 1224 totali) che hanno ricevuto investimenti da parte di corporate (CVC) e investitori professionali (VC). Delle imprese innovative che hanno ricevuto investimenti in capitale di rischio 376 sono startup e 127 sono PMI innovative. Gli investimenti totali sono 1.236, con una media di oltre 2 investitori distribuiti su 503 imprese innovative in regione. I dati indicano che circa il 10% delle quote di partecipazione (9.137) delle imprese innovative proviene da società corporate (929) mentre la maggior parte degli investimenti è realizzata dai cosiddetti Founder-Family-Friends (oltre l’80%). Gli investimenti da parte di investitori specializzati (VC) rappresentano il 3% del totale, pari a 309.
Gli investimenti in capitale di rischio, pari a 1.236, sono principalmente focalizzati sulle aziende con sede a Bologna, rappresentando oltre il 40% del totale. In particolare, delle 486 imprese innovative presenti nella provincia, ben 183 hanno ricevuto finanziamenti da Corporate Venture Capital (CVC) e investitori specializzati (VC). Questo dato dimostra un elevato livello di fiducia e interesse da parte degli investitori verso le aziende innovative bolognesi, evidenziando l’importante ruolo che la città gioca nell’ecosistema imprenditoriale regionale.
In particolare le imprese italiane che investono in innovazione in Emilia-Romagna sono 552 e le loro sedi sono soprattutto in Emilia-Romagna (433) e Lombardia. In Emilia-Romagna l’innovazione ecosistemica è in definitiva un processo ben radicato. Nei contributi raccolti tra le imprese mappate che praticano l’Open Innovation sono emerse due caratteristiche fondamentali: la scoperta che l’innovazione aperta può provenire anche “dai luoghi che meno ti aspetti” e l’importanza di fare ecosistema perché è necessario “mettersi con umiltà in ascolto” condividendo esperienze in una logica di scambio e contaminazione “per costruire qualcosa di più grande assieme”.
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